.. Yoga Esperienziale - Metodo Dr Bhole
PEDAGOGIA DELLO YOGA ESPERIENZIALE (YOGANUBHAVA)
( Sintesi dell’intervento del Dott. G. Goldoni al convegno nazionale Yani - Rimini ottobre 2010 Articolo pubblicato sulla rivista Percorsi Yoga della Associazione Nazionale Insegnanti Yoga, luglio 2011)
L’ESPERIENZA DEL SE’
Gli obiettivi pedagogici che guidano l’insegnamento nell’approccio Yoganubhava sono:
• aiutare l’individuo a stabilire un contatto, una unione con il Sé;
• rimuovere eventuali disturbi e squilibri a livello del Sé, con tecniche appropriate, al fine di poter sperimentare uno stato d’essere equilibrato e bilanciato.
Come entrare in contatto con il Sé? L’insegnante guida la coscienza dell’individuo a unirsi a stimoli interiori provenienti dai 5 livelli esistenziali o pañca kośa (unione con la struttura, le esperienze respiratorie, i pensieri, le emozioni e le memorie, lo stato d’essere o comportamentale).
L’approccio Yoganubhava (Yoga Esperienziale) proposto dal dott. M.V. Bhole considera lo yoga come un sistema di auto-aiuto e di trasformazione dell’individuo basato sull’esperienza individuale, e orientato da concetti provenienti da varie tradizioni: Upaniṣad, Patañjali e Samkhya darśana, Tantra e Bhagavad Gītā.
LA PRATICA INIZIALE
Inizio la lezione proponendo ai colleghi di coricarsi supini, in śavāsana, e suggerisco di distaccarsi da ciò che li circonda e restare in unione con se stessi… pongo una serie di domande: dove sono io in questo momento? Di cosa sono consapevole?
Pongo altre domande e chiedo di rispondere sollevando la mano: chi ha la sensazione di sentirsi presente, esistente, in quanto unito al proprio corpo? Chi è unito a pensieri o ragionamenti? Chi è unito alle emozioni, e chi sente di essere un osservatore esterno al proprio corpo?
Noto che a ogni domanda qualcuno solleva la mano.
Essere consapevoli di dove è orientata la propria coscienza è il punto iniziale.
Successivamente guido la coscienza a spostarsi in modo sistematico sulle varie parti del corpo senza muoverle, e a rimanere in contatto con tutta la struttura fisica (annamaya kośa) osservando la qualità dello stato d’essere che ne deriva.
Inizia così un percorso verso il Sé e una diagnosi yoga: la consapevolezza non è sempre presente in modo uniforme su tutte le aree corporee, qualcuno si sente solo testa, qualcuno non percepisce le gambe o altre zone. Usando una metafora, la coscienza della persona risiede nel corpo, come il padrone che abita in una grande casa nella quale può entrare e risiedere solo in alcune stanze.
Cosa impedisce di accedere alle altre stanze?
E lo stato di coscienza che si sviluppa è legato al senso di benessere o c’è qualche disagio che lo disturba?
L’assenza di esperienza viene interpretato come indice di blocchi della percezione e, per rimuoverli, facciamo riferimento al concetto di śuddhi, la purificazione, che agisce attraverso l’uso di stretching passivo attivato da alcune āsana. La neurofisiologia ci spiega il meccanismo per cui, rimanendo in contatto con il corpo percepito senza movimento volontario, si attivano le aree associative del cervello: emergono pensieri, emozioni, memorie. In questo modo si attiva l’unione con altri stati d’essere o kośa.
PERCEZIONI RESPIRATORIE: Il CHECK-UP RESPIRATORIO
Entriamo in contatto con il Sé a livello di respiro (prāṇamaya kośa).
In posizione seduta appoggiando le mani a livello di giro vita destro e sinistro e successivamente di stomaco e zona lombare, osservo l’assenza o la presenza di movimenti respiratori naturali nelle aree sottostanti, la direzione e la loro intensità nella fase dell’inspirazione naturale .
Riporto i dati sulla carta, inserendoli nello schema del chek-up respiratorio: a fianco di ogni area investigata aggiungo una freccia per indicare la direzione della parete e un valore numerico da 0 a 3 o dei più (+) per l’intensità. Stessa cosa avviene all’altezza dei segmenti orizzontali di torace e di bacino (Fig. 1).
A livello di ciascun segmento orizzontale osserviamo 4 aree: quelle immobili sono indice di blocchi e tensioni, mentre l’esperienza del movimento di espansione e restringimento naturale ci richiama al concetto di fior di loto i cui petali possono aprirsi/chiudersi.
Suggerisco di rendersi conto dell’effetto di queste stimolazioni sullo stato mentale, emozionale e di coscienza.
Suggerisco poi di lasciarsi stimolare da una nuova esperienza: il flusso dell’aria che entra nelle narici, osservando verso quale direzione si dirige all’interno del corpo e il punto finale di arrivo. È l’interpretazione in chiave esperienziale del concetto di vie percettive interiori o nāḍī e del concetto di amplificare degli stimoli sensoriali o prāṇa-ayāma.
ŚUDDHI: PURIFICARE IL SÉ
Assunta una posizione seduta comoda, il tronco si inclina per forza di gravità verso destra al fine di creare sul lato sinistro un allungamento piacevole, una sorta di apertura, e invito a sostenersi appoggiando il braccio o la mano destra a terra. Si mantiene l’attenzione sulla zona del tronco che si sta allungando, finché sotto di essa si attiva la percezione del movimento respiratorio naturale di espansione/restringimento. Proseguendo ci si lascia condurre dall’esperienza del flusso dell’aria che entra dalle narici e dall’esperienza di riempimento e svuotamento fino all’altezza dell’area allungata. Si resta consapevoli della variazione di luminosità davanti agli occhi chiusi.
Invito a ripetere la stessa pratica più volte dallo stesso lato, prima con esperienze respiratorie orizzontali, secondo il concetto di fiore di loto, poi con il braccio sollevato e la mano appoggiata sul capo, osservando come le esperienze si trasformano in verticali: flussi di sensazioni ascendenti e discendenti secondo il concetto esperienziale di mārga e di nāḍī.
Se si riesce a lavorare secondo queste linee guida, ritornando diritti col tronco, la metà del corpo stimolata viene percepita più leggera, più grande, il movimento respiratorio naturale più libero, e a livello percettivo il tocco dell’aria dà origine ad esperienze di riempimento e svuotamento fino a livelli più profondi del tronco o degli arti.
Molti colleghi sperimentano il movimento respiratorio spontaneo fino alla pelle della dita della mano del lato aperto, a differenza dell’altro lato. L’intensità della luminosità davanti ai campi visivi si modifica.
Invito a lasciar fluire emozioni, pensieri, comportamenti; se ciò avviene, è segno dell’attivarsi di un processo di svuotamento e purificazione del Sé e ci si libera da alcune sofferenze interiori.
Dopo aver praticato la stessa postura dall’altro lato, la mente si fa silenziosa, per molti praticanti davanti agli occhi la percezione della luminosità è più chiara, uniforme, vi è un senso di spazio infinito, di pura luce e questo guida lo stato della coscienza verso una esperienza di trascendenza.
Ci chiediamo: dove sono io ora ? Di cosa sono consapevole?
Invito a restare per un po’ osservatori silenziosi, in una condizione non disturbata del Sé.
Utilizzando ancora la metafora del padrone e della casa, la coscienza, dopo essersi riappropriata delle varie stanze, risiede internamente in una condizione di non disturbo.
Al termine delle pratiche propongo ai colleghi una video-proiezione con immagini di neurofisiologia per comprendere la relazione tra i concetti della tradizione sanscrita, le esperienze avute, le strutture neurologiche che sono alla base di tali esperienze e una possibile interpretazione in linguaggio medico del percorso interiore della coscienza.
(Articolo pubblicato sulla rivista Percorsi Yoga
della Associazione Nazionale Insegnanti Yoga, luglio 2011)
L’esperienza del Sè - Pedagogia dello Yoga
19 maggio 2011 12:25